Buongiorno cari lettori! Ieri è iniziato il Blog Tour dedicato a un libro la cui uscita è tanto attesa: Il Principe Crudele. Se vi siete persi la prima tappa, allora dovete assolutamente andare sul blog di Le passioni di Brully. Di seguito vi lascio il calendario per non perdervi le successive tappe:
Come da calendario, oggi si farò leggere una parte del libro: il prologo! Buona lettura!
PROLOGO
In una pigra domenica pomeriggio, un uomo con un lungo paltò
scuro indugiava davanti a una casa affacciata su una strada
alberata. Non aveva parcheggiato l’auto e non era venuto
in taxi. Nessun vicino lo aveva visto camminare sul marciapiede.
Era spuntato così, come un’ombra.
L’uomo si diresse verso la porta e alzò il pugno per bussare.
In casa c’era Jude, seduta sul tappeto del salotto che mangiava
bastoncini di pesce mollicci scongelati al microonde e con
una spalmata di ketchup sopra. Taryn, sua sorella gemella, stava
pisolando sul divano, raggomitolata in una coperta con il
pollice sporco di succo di frutta in bocca. All’altro capo del divano
c’era Vivienne, la sorella maggiore, che guardava la tivù;
con le sue strane pupille verticali seguiva il topo del cartone
che scappava dal gatto e ogni volta che stava per essere mangiato,
lei rideva.
Vivi era diversa dalle altre sorelle maggiori, ma anche dalle
sue sorelle Jude e Taryn, che avevano sette anni ed erano identiche,
stessi capelli lunghi castani e stesso viso a forma di cuore.
Eppure, per Jude, gli occhi di Vivi e le sue pelose orecchie
a punta erano meno strani che essere la copia di qualcun altro.
E pur avendo notato che qualche volta i bambini del vicinato
evitavano Vivi o i loro genitori parlavano di lei a voce bassa e
preoccupata, Jude non ci faceva caso. I grandi erano sempre in
pensiero, sempre a bisbigliare…
Taryn sbadigliò e si stiracchiò, spingendo la guancia sul ginocchio
di Vivi. Fuori splendeva il sole e l’asfalto della strada era rovente. Arrivavano il ronzio dei tagliaerba e gli schiamazzi
dei bambini che si tuffavano nelle piscine in giardino.
Papà era nella casetta dove aveva la sua forgia, la mamma
in cucina a cuocere gli hamburger. Tutto sempre uguale. Tutto
tranquillo.
Quando sentì bussare, Jude si alzò di scatto per andare ad aprire.
Sperava che fosse una delle bambine di fronte che voleva giocare
ai videogiochi o che la invitava a fare un bagno dopo cena.
Sullo zerbino torreggiava un uomo alto e la guardava. Con
quel caldo, indossava un pastrano lungo di pelle marrone. Le
scarpe erano d’argento e fecero un suono vuoto quando varcò
la soglia. Jude alzò lo sguardo verso quel volto ombroso e
rabbrividì.
«Mamma» gridò. «Mammaaaaaaaa… C’è gente!»
Sua madre arrivò dalla cucina, asciugandosi le mani sui jeans,
e quando vide l’uomo, sbiancò. «Vai in camera tua!» ordinò a
Jude con una voce che faceva paura. «Subito!»
«Di chi è questa bambina?» chiese l’uomo indicando Jude.
Aveva uno strano accento. «Tua? Sua?»
«Di nessuno» rispose la madre senza nemmeno guardare la
bambina. «Non è figlia di nessuno.»
Non era così. Jude e Taryn erano la copia del padre. Lo dicevano
tutti. Fece qualche passo verso la scala, ma non voleva
stare da sola in camera sua. “Vivi” pensò Jude. “Vivi saprà chi
è quell’uomo alto. Vivi saprà cosa fare.”
Ma era come se non potesse muoversi.
«Ne ho viste tante di cose impossibili» disse l’uomo. «Ho visto
la ghianda prima della quercia. Ho visto la scintilla prima
della fiamma. Ma non ho mai visto una cosa del genere: una
morta vivente. Una bambina nata dal nulla.»
Alla mamma mancavano le parole. Il suo corpo tremava per
la tensione. Jude avrebbe voluto prenderle la mano e stringergliela,
ma non trovò il coraggio.
«Non avevo creduto a Balekin quando mi aveva detto che ti
avrei trovata qui» disse l’uomo, con voce più gentile. «Le ossa
di una donna mortale e di sua figlia mai nata rinvenute fra le
ceneri di casa mia erano convincenti. Sai cosa significa tornare
dal campo di battaglia e trovare tua moglie e la tua unica erede
morte? Trovare la tua vita ridotta in cenere?»
La mamma scuoteva la testa non per rispondergli, ma come
se stesse cercando di scuotersi di dosso quelle parole.
L’uomo fece un passo verso di lei e la mamma arretrò. C’era
qualcosa che non andava nella gamba di quell’uomo alto. La
muoveva con rigidità, come se gli facesse male. La luce nell’entrata
era diversa e Jude notò la sua strana pelle verdastra e i
denti inferiori che sembravano troppo grandi per la sua bocca.
E vide che i suoi occhi erano come quelli di Vivi.
«Non sarei mai stata felice con te» gli disse la mamma. «Il tuo
mondo non è fatto per quelli come me.»
L’uomo alto la osservò a lungo. «Avevi fatto la tua promessa
matrimoniale» le disse finalmente.
Lei alzò il mento. «E poi l’ho rinnegata.»
L’uomo guardò Jude e la sua espressione si indurì. «Che valore
può avere la promessa di una moglie mortale? Immagino
di avere trovato la risposta…»
La mamma si girò e lanciò un’occhiata a Jude che andò subito
in salotto.
Taryn dormiva ancora. La televisione era ancora accesa. Vivienne
alzò gli occhi semichiusi da gatto. «Chi era alla porta?»
domandò. «Ho sentito discutere…»
«Un uomo spaventoso» le disse Jude senza fiato pur non avendo
corso. Il cuore le batteva forte. «Dovremmo andare di sopra.»
Non le importava se la mamma aveva ordinato solo a lei di
andare di sopra. Non ci sarebbe mai andata da sola. Con un sospiro,
Vivi si srotolò dal divano e svegliò Taryn. Ancora addormentata,
la gemella di Jude le seguì in corridoio.
E quando si avviarono verso i gradini coperti di moquette,
Jude vide suo padre che rientrava dal giardino. Impugnava
un’ascia forgiata con le sue mani su modello di una scure che
aveva visto in un museo islandese. Non era strano vedere suo
padre con un’ascia in mano. Lui e i suoi amici amavano le armi
antiche e adoravano parlare della “cultura materiale” e inventarsi
fantastiche spade da forgiare. La cosa strana era come impugnava
l’ascia, come se stesse per…
Scagliarla contro l’uomo alto.
Non aveva mai alzato un dito su Jude o sulle sue sorelle,
nemmeno quando l’avevano fatta grossa. Non avrebbe fatto
del male a una mosca. Non lo avrebbe fatto e basta.
E invece. E invece.
L’ascia passò sopra l’uomo alto e colpì lo stipite della porta.
Taryn emise uno strano gemito stridulo e si portò le mani
sulla bocca.
L’uomo alto estrasse un’arma ricurva dal pastrano di pelle.
Una spada, come nei libri di fiabe. Papà stava cercando di
estrarre l’ascia dallo stipite quando l’uomo gli affondò la spada
nella pancia e poi la spinse verso l’alto. Papà cadde sul tappeto
dell’entrata, quello per cui la mamma ci sgridava sempre
quando lo sporcavamo di fango.
Il tappeto che stava diventando rosso.
La mamma gridò. Jude gridò. Taryn e Vivi gridarono. Tutti
gridavano, tranne l’uomo alto.
«Vieni qui» disse guardando Vivi.
«Ttt-tu sei un mostro!» gli urlò la mamma andando verso la
cucina. «È morto!»
«Non scappare da me» le disse l’uomo. «Non dopo quello
che mi hai fatto. Se scappi ancora, ti giuro che…»
Ma lei scappò. Aveva quasi girato l’angolo quando la lama
la colpì nella schiena. Si accasciò sul linoleum e con le braccia
fece cadere le calamite dal frigo.
L’aria sapeva di sangue, come metallo rovente, umido. Come
quelle pagliette che la mamma usava per pulire le pentole dal
cibo che restava attaccato.
Jude corse verso l’uomo e lo prese a pugni nel petto, a calci
sulle gambe. Non ebbe nemmeno paura. Ebbe la sensazione di
non provare niente.
L’uomo non fece caso a Jude. Per un lungo momento rimase
lì impalato, come se non riuscisse a credere a quello che aveva
fatto. Come se volesse annullare gli ultimi cinque minuti. Poi
cadde in ginocchio e prese Jude per le spalle, le immobilizzò
le braccia sui fianchi in modo che non potesse più colpirlo, ma
senza nemmeno guardarla.
Lui guardava Vivienne.
«Ti hanno portata via da me» le disse. «Sono venuto per riportarti
nella tua vera casa, nella Terra degli Elfi, sotto la collina. Laggiù
sarai ricca oltre ogni misura. Laggiù starai con i tuoi simili.»
«No» gli disse Vivi con la sua vocina triste. «Io con te non andrò
da nessuna parte.»
«Io sono tuo padre» le disse con voce severa, come una frustata.
«Tu sei la mia erede e il sangue del mio sangue e mi ubbidirai
ora e per sempre.»
Vivi rimase immobile con la mascella contratta.
«Tu non sei suo padre!» gli gridò Jude. Anche se aveva i suoi
stessi occhi, Vivi non lo avrebbe mai ammesso con se stessa.
L’uomo le strinse le spalle e Jude emise un guaito soffocato,
ma sostenne il suo sguardo con aria di sfida. Vinceva sempre
nelle gare di sguardi.
Lui distolse lo sguardo e si girò verso Taryn in ginocchio, che
singhiozzando scuoteva la madre come se volesse svegliarla.
La mamma non si muoveva. Mamma e papà erano morti. Non
si sarebbero mai più mossi.
«Io ti odio» proclamò Vivi all’uomo alto con una cattiveria di
cui Jude si compiacque. «Io ti odierò sempre. Lo giuro.»
L’uomo rimase impassibile. «Comunque sia, tu verrai con
me. Prepara queste piccole umane. Bagaglio leggero. Partiremo
prima che faccia buio.»
Vivienne gli disse a testa alta: «Lasciale stare! Se proprio devi,
prendi me, ma non loro.»
Lui guardò Vivi e poi sbuffò. «Saresti pronta a proteggere le
tue sorelle da me, non è così? E dimmi, dove le manderesti?»
Vivi non rispose. Non avevano né nonni né parenti. O almeno,
nessuno che conoscessero.
Lui guardò di nuovo Jude, le lasciò le spalle e si rialzò.
«Sono figlie di mia moglie e dunque ricadono sotto la mia responsabilità.
Sarò crudele, sarò un mostro e un assassino, ma
non mi sottraggo alle mie responsabilità. E tu non dovresti sottrarti
alle tue, essendo la maggiore.»
Anni dopo, quando Jude si raccontava la storia di quello
che era successo, non ricordava la parte in cui preparavano le
loro cose. Era come se lo choc avesse completamente cancellato
quell’ora. Vivi doveva essere riuscita a trovare le valigie, doveva
averci messo dentro i loro libri e i loro giochi preferiti, le
fotografie, i pigiami, le giacche e le magliette.
O forse Jude si era preparata la valigia da sola. Non se lo
ricordava.
Non riusciva a capacitarsi di come ci fossero riuscite, con i
cadaveri ancora freschi dei genitori al piano di sotto. Non riusciva a immaginarsi come si fosse sentita e con il passare degli
anni non riuscì più a provare quella sensazione. L’orrore di
quegli omicidi sfumò con il tempo. I ricordi di quel giorno si
fecero sfocati.
Un cavallo nero stava brucando l’erba nel prato quando uscirono.
Aveva gli occhi grandi e mansueti. Jude avrebbe voluto
buttargli le braccia al collo e premergli la faccia bagnata sulla
criniera setosa. Ma prima che lo facesse, l’uomo alto caricò lei
e sua sorella Taryn di traverso sulla sella, come se fossero dei
bagagli più che delle bambine, e si mise Vivi dietro.
«Reggetevi forte!» disse.
Jude e le sue sorelle piansero per tutto il viaggio fino al mondo
magico.
Non mi dispiace come inizio anche se trovo il tutto un lento 🙈
RispondiEliminauna protagonista mia omonima!!!
RispondiEliminaNon è un libro che mi prende più più tanto...anche se da queste prime parole convince, ce qualcosa di curioso oserei dire.
RispondiEliminawow una segnalazione lunghissima , non è il mio genere ma un po' mi ispira
RispondiEliminaDevo assolutamente recuperarlo!
RispondiEliminaNon sembra essere il mio genere, però mi è piaciuta motlo la tua segnalazione!
RispondiEliminaQuesto libro mi ispira molto!
RispondiEliminaQuesto libro mi ispira tantissimo *^* e spero prima o poi di averlo tra le mie mani...
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